Cagliari, 24 Settembre 1955. Mi chiamo Mario, ho ventisei anni. Questa è la scuola più antica della città. Si trova nella via di cui porta il nome, Giuseppe Manno. Stamattina ho chiuso il portone della casa dove vivo da quando sono nato, e in quindici minuti mi sono ritrovato tra questi banchi. Sono i primi giorni di didattica, sia per voi che per me, che ho appena cominciato il lavoro per cui ho studiato per mezza vita. Di tanto in tanto, quando il cielo è coperto dalle nuvole, percorrendo quei cinquecento metri in salita, mi capita di ritornare con la mente al passato. Passo dinanzi alla chiesa di Sant’Antonio Abate… Read More
Continue Reading𝓜𝓪𝓻𝓲𝓸 𝓲𝓵 𝓑𝓻𝓲𝓰𝓪𝓷𝓽𝓮 – 𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐗𝐗
Era ormai notte fonda, quando Mario, Il Brigante e Ponziano erano stati caricati su un carro ambulanza, e portati all’ospedale. Ponziano era privo di conoscenza, e il ragazzo, mostrando i pugni e sistemandosi la lunga gonna per preparare un attacco a calci, era riuscito a impedire che li separassero. Ai medici aveva raccontato di essere stato soccorso da quell’uomo, che non conosceva, mentre si trovava nel mezzo del bombardamento. Solo alcuni giorni dopo, i medici avevano scoperto che era un soldato del Regio Esercito. Mario invece era stato destinato ai ricoveri sotterranei dell’ospedale, e da allora si era ben guardato dall’uscire, per sfuggire alle ricerche dei tedeschi. L’ospedale Civile si… Read More
Continue Reading𝓜𝓪𝓻𝓲𝓸 𝓲𝓵 𝓑𝓻𝓲𝓰𝓪𝓷𝓽𝓮 – 𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐗𝐈𝐗
Bum! Una piccola nube, odore di polvere da sparo e un lamento canino. Mario sentì il cuore spaccare le costole e venire fuori dal petto, il cane fece un balzo indietro e restò pietrificato. Nel mentre i tedeschi impugnarono dei piccoli revolver che avevano alla cintura, Ponziano si girò e sparò un altro colpo, mirando ai loro piedi. Dalla piccola cartuccera nella tracolla, estrasse dei proiettili, armò nuovamente il fucile e fece fuoco un’altra volta, sempre tenendo bassa la canna. I tedeschi restarono a terra coprendosi il capo con le mani. Ad ammazza’ uno sconosciuto co’ la divisa diversa dalla mia pe fa’ contenti li governatori nun ce so bono,… Read More
Continue Reading𝓜𝓪𝓻𝓲𝓸 𝓲𝓵 𝓑𝓻𝓲𝓰𝓪𝓷𝓽𝓮 – 𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝙓𝙑𝙄𝙄𝙄
Il soldato scosse un braccio e lo mosse lentamente, fece lo stesso con l’altro, infine piegò una gamba e alzò la testa. Me ce chiamavano a scola – disse, cercando di sturarsi le orecchie con il dito indice. Cosa? Chi? Imbecille: me ce chiamavano a scola, pe’ questo ho mollato in prima elementare. Mario è lì, dobbiamo andare a prenderlo! Come facciamo? Cadeno le bombe! Ma che te sei ammattito? Sì, sono matto! –ringhiò con tutto l’ardore che aveva in corpo, scoprendo i denti, tutti rossi di sangue- Forza, andiamo! Ponziano si alzò, videro un’enorme massa nera muoversi all’impazzata in mezzo alle macerie. Una puzza tremenda andò a coprire l’odore… Read More
Continue ReadingGalex Perugia.
Un giorno, mentre terminavo la mia giornata di lavoro per un’agenzia di volantinaggio a Perugia, salendo sulla macchina del capogruppo, un mio collega, atterrito, mi disse: Sem’ falliti. Cosa? Il Perugia è fallito. Ma come? Avete solo perso lo spareggio col Toro. Eh, e oggi ci hanno dichiarato falliti. Non ce lo aspettavamo proprio. Tornati in agenzia presi la mia Vespa e corsi allo stadio Curi, certo di trovare un bel baccano. Non vidi esattamente ciò che mi aspettavo: nessuno lanciava pietre o protestava, però un folto gruppo di sostenitori presidiava il piazzale, ed ho in mente una per una le loro facce. Si trovavano al funerale del loro amore… Read More
Continue ReadingIl rifugio – capitolo finale.
Un pomeriggio di Maggio, lo ricordo bene, era una serata bellissima. Il sole era a mezza altezza, e con le maniche delle felpe tirate su, sporchi da capo a piedi dopo ore a correre per le vie, trovammo un nuovo tesoro. Non pesava come l’oro e non ne valeva le pecunie, ma per noi era altrettanto prezioso. Erano purtroppo le sette e mezza, e il coprifuoco era per le otto. Ci trovavamo a due isolati dal nostro, in una strada dove non passavamo mai. Il marciapiede era largo cinquanta centimetri, poi iniziava una distesa di fiori gialli dal gambo alto e dall’odore sgradevole, ma a noi non dispiaceva. Francesco Grande,… Read More
Continue ReadingIl rifugio – Parte I-
Abitavo in una località alla periferia di Spoleto, Baiano per l’appunto. Non ricordo con precisione i nomi delle montagne che tagliavano a metà il cielo quando guardavo in lontananza, ne elenco alcune alla rinfusa, un po’ perché il suono mi piace assai, un po’ perché scriverli e pronunciarli m’aiuta nel ricordo, addolcisce la nostalgia: Monte Subasio, Monte Vettore, Pettino. La strada di casa mia era poco trafficata, dei marciapiedi vecchi e rovinati finivano sui muri di cinta dei giardini. Guardando dall’alto, la lottizzazione si presentava come una enorme serie di zeri, che al centro avevano uno spiazzo incolto. Quello del mio isolato era il più inaccessibile: arbusti intricati, fanghiglia e… Read More
Continue ReadingIl Torneo dei Papà
Oggi ci inventiamo una storia su un torneo organizzato dalla scuola elementare dove insegna mio fratello. Il Torneo dei papà …Un messaggio illuminò il telefono. Era Capitan Bibiani, gli rammentava la partita del Torneo dei Papà di quella sera. Era organizzato da alcuni maestri e genitori dell’istituto comprensivo Melanzio-Parini di Castel Ritaldi e Montefalco, allo scopo di reperire dei fondi per acquistare un apparecchio defibrillatore. I requisiti per potervi partecipare erano pochi: amare il calcetto, avere qualche chilo in più, essere padre di un alunno dell’Istituto, giocare corretti comportandosi, per dirla all’inglese, con Fair Play. Questa competizione, però, non si svolgeva a Manchester o a Cardiff, ma tra Castel Ritaldi,… Read More
Continue ReadingAmatrice
A diciassette anni facevo il cameriere in un hotel a Monteluco, una località montuosa nei pressi di Spoleto. Era l’Estate 2001, e mentre al bar preparavo le colazioni da portare in sala agli ospiti, la tv trasmetteva le immagini del G8 di Genova. Ero un adolescente con l’illusione che un impiego stagionale mi avrebbe garantito i soldi per una stagione di divertimenti e bagordi. Ma il lavoro, constatai, era un’altra cosa. Ricordo che mentre aspettavo che i vacanzieri scendessero per ordinare i cappuccini e le brioches leggevo un libro, che lasciai a metà, ma conto di finirlo, prima o poi. I Furiosi della Domenica, di Bill Buford. Un racconto-analisi sull’… Read More
Continue ReadingTerremoto.
Una volta Attilio, di Norcia, mentre giocavamo a picchiarci, mi diede un pugno sulla nuca così forte che vidi tutto tappezzato di nero e rigato di bianco, come un cielo notturno in balia dei fulmini. Una volta Gigi e Andrea, gemelli, mi hanno raccolto da terra per cercare di salvarmi dalla polizia che stava arrivando per identificarmi, visto che ero steso a terra, sbronzo. Loro lo erano molto meno, ma ero troppo pesante, quindi arrivò l’ ambulanza -grazie al cielo prima dei poliziotti- e mi portò in ospedale, dove mi svegliò il giorno dopo un anziano signore perché ero desiderato al telefono. Era la mamma dei gemelli che voleva sapere… Read More
Continue Reading