Tenere in mano un pallone così ha non poche affinità con le paste di quel tizio in piazza Repubblica a Cagliari, che nemmeno so se esiste ancora, ma ricordo che le faceva enormi, come le bombe alla crema da mezzo chilo, o le pesche che erano così pesanti che dovevi prenderle con due mani, per non rischiare che per il peso uno dei due emisferi si staccasse.
Non solo per il fascino e l’assuefazione che provoca in me, sensazione accostabile a quella che provo quando strappo la carta e tiro fuori il vassoio coi dolci, il sabato mattina, ma anche per le dimensioni che sembrano un poco più grandi del solito, oppure l’odore del cuoio, la sua consistenza quando è sgonfio, il tono che prendono i colori del rivestimento quando il pallone è usato, come in questo caso.
Altro, al momento, non saprei dirlo, e credo sia meglio così, perché chi conosce il calcio inglese (e io lo conosco poco), avrà certamente in mente questo stupendo pallone.
Racconti di un ottico solitario diRiccardo Balloi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.
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