Un giorno, mentre terminavo la mia giornata di lavoro per un’agenzia di volantinaggio a Perugia, salendo sulla macchina del capogruppo, un mio collega, atterrito, mi disse:

  • Sem’ falliti.
  • Cosa?
  • Il Perugia è fallito.
  • Ma come? Avete solo perso lo spareggio col Toro.
  • Eh, e oggi ci hanno dichiarato falliti. Non ce lo aspettavamo proprio.

Tornati in agenzia presi la mia Vespa e corsi allo stadio Curi, certo di trovare un bel baccano. Non vidi esattamente ciò che mi aspettavo: nessuno lanciava pietre o protestava, però un folto gruppo di sostenitori presidiava il piazzale, ed ho in mente una per una le loro facce. Si trovavano al funerale del loro amore più caro e vegliavano, in segno di rispetto, il luogo dell’incidente mortale. Infuriati ma silenziosi esprimevano il loro odio verso colui che era accusato d’omicidio colposo, camminando avanti e indietro ed abbracciandosi per farsi forza l’un l’altro.

Questo è quello che ricordo della fine dell’era Gaucci. durante i nove mesi antecedenti il Grifo aveva cercato una pronta risalita dalla serie B, ma la stagione si concluse con il fallimento, e  il presidente che fuggì a Santo Domingo lasciando i figli Riccardo e Alessandro a fronteggiare i guai societari. Era l’anno 2005, credo. Erano freschi i ricordi dei fasti della Coppa Intertoto e della Coppa Uefa, di Federico Giunti, di Hidetoshi Nakata, di Liverani che con altri giocatori arrivò dai dilettanti e si rivelò un campioncino (era uscito dalla Primavera del Cagliari, tra l’altro), di Baiocco, di Vryzas, del grande Milan Rapajc, dell’ 1-0 al Milan con un ancora sconosciuto Bazzani. Del gol di Calori contro la capolista Juventus, in una partita ripresa dopo la sospensione per pioggia, che regalò il sorpasso e lo scudetto alla Lazio di Eriksonn.

File: [Calori2.jpg] | Sat, 03 Mar 2018 11:13:01 GMT
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Negli anni delle scuole Superiori e dell’Università vivevo lassù, e vedevo ovunque felpe, pantaloni, scarpe e palloni con la particolare X che era il logo del marchio Galex. Acronimo di Gaucci Alessandro.
Ecco, questo è il pallone che usava quel Perugia. Guarda caso è bianco, come piace a me, e lo stemma del Grifone è un tuffo nel passato, un vortice di ricordi di una giovinezza passata in Umbria. Custodirlo nella mia collezione è, come dire, una necessità imprescindibile. Da quando l’ho trovato, non faccio altro che ricordarlo mentre s’insacca dietro ad Alessio Scarpi, quando per la prima volta in vita mia seguii il Cagliari in trasferta. Per dovere di cronaca, i rossoblù nel catino del Renato Curi non andarono mai oltre un pareggio. Anzi, una volta noi pareggiammo al novantatreesimo e loro batterono il calcio d’inizio, scesero e ci fecero immediatamente il 2-1, mentre noi ancora stavamo festeggiando e non vedevamo nulla per il fumo delle torce. Poi l’arbitro fischiò. Ma questo l’ho già raccontato.

 

 

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