Un giorno in pornoteca

Prima che diventassi un ottico, ero un ottimo responsabile punto vendita. Uno di quelli che oggi chiamano “Store Manager”, che gestiscono la vita di un negozio, si occupano del personale, della mobilitazione del magazzino, seguono gli incassi attenendosi a precise disposizioni strategico/commerciali. Ero tutto questo. Anche se – forse non è utile specificarlo, ma penso di sì – la mia era una videoteca di poche decine di metri quadri, io ero l’unico dipendente, non avevo un ufficio centrale a cui rendere conto, non avevo un magazzino, non facevo selezioni di personale, non avevo programmi di gestione attività. Avevo una scopa, una paletta, un Mocio ed un secchio. Un bagnetto lurido che non era stato mai pulito prima della mia assunzione, un climatizzatore che non accendevo mai perché non volevo che arrivassero bollette troppo salate, ed infine un principale che lavorava nell’altra delle due videoteche che possedeva.
Ci tenevamo in contatto, e siccome oltre che colleghi eravamo anche amici, e siccome condividevamo la passione per il calcio e per il Fantacalcio, e siccome i clienti non erano poi così tanti e dovevamo in qualche modo passare il tempo, e siccome nella nostra vita c’era ancora spazio per la spensieratezza e il lavoro non si era imposto nella maniera invasiva con cui si sarebbe imposto negli anni a seguire facendoci diventare adulti semplicemente mettendoci davanti le piccole difficoltà dovute alla crisi economica, alla paura di non arrivare a fine mese, di non avere abbastanza soldi per comprare i film novità, ci capitava di passare ore a raccontarci le bizzarrie dei nostri rispettivi incontri, che quotidianamente avvenivano all’interno delle nostre quattro mura.
Un altro particolare di questa mia esperienza lavorativa – che forse non è utile specificare, ma penso di sì – è che la videoteca non era una videoteca tradizionale, ma un videonoleggio per adulti.
In sostanza, noleggiavamo e vendevamo film porno e oggettistica. Era ubicata nel cuore della Cagliari popolare, il quartiere Sant’Avendrace. Sotto ai piedi, l’asfalto e la terra custodivano le rovine della vecchia Santa Igia, il primo insediamento del capoluogo sardo, nella Laguna di Santa Gilla. Dinanzi a me potevo ammirare le nuove costruzioni di lusso che un caro palazzinaro stava ergendo, dietro e a fianco invece, tra vicoli e vie malandate, i quartieri popolari, cuore pulsante della città proletaria e lavoratrice che tanto mi sono cari, ma di questo ho spesso parlato. Tra i commercianti dirimpettai, vi erano cinque o sei prostitute che lavoravano esclusivamente nelle ore diurne.
Fino all’inizio della grande crisi economica e della conseguente perdita di parecchi affezionati clienti, il mio locale era terra fertile di lavoratori solitari, mariti che si prendevano una mezz’ora settimanale per praticare un poco di sano onanismo, giovani in cerca di immagini forti e belle donne da sognar di possedere osservandole farsi amare da qualcun altro. Io stesso, quando ricevevo le novità, ho passato dei felici momenti in compagnia degli attori protagonisti di quelle pellicole. Un altro dei miei passatempi preferiti in quelle amene giornate di lavoro, erano i clienti che, tra un noleggio e l’altro, rimanevano in videoteca a far due chiacchiere. Io posso dirlo con estrema franchezza: della mia città, della gente che la popola, della sua storia, ho imparato tanto dai racconti di Signor Patroclo l’amante dei film amatoriali, o Signor Agamennone il patito dei film americani, o Signor Ettore cultore dei film lesbo, o Signor Paride il cercatore di film con trama, in cui ogni scena terminava sì con un amplesso, ma per lo meno c’era il gusto di scoprire chi era stato l’assassino, o il ladro. Oppure il signor Ulisse, che una volta, mi chiese di procurargli dei film con animali. Io, credendo desiderasse i diffusi film cosiddetti “Animal”, gli mostrai quel che avevo, ma lui, deluso, mi rispose:
– Ma io intendevo film di animali che lo fanno con altri animali.
Oggi posso rendermi conto di non essere stato un venditore provetto, ma questa risposta mi uscì dallo stomaco:
– No, Signor Ulisse, per quello c’è Quark.
I pochi (ma sempre buoni) clienti che si rifornivano dall’espositore dei video omosessuali, come il Signor Achille, loro sì che erano misteriosi, e non avevano nessuna voglia di indugiare e chiacchierare. Inutile dire che a me sarebbe piaciuto, e non poco.
Ne ho sentito di begli aneddoti. Mi hanno parlato di risse leggendarie, di roboanti conquiste amorose, di azioni criminali, di incidenti stradali spettacolari, meteoriti, cadute di muri divisori tra mondo dell’Est e mondo dell’Ovest, alluvioni, omicidi. Un tizio, tale Signor Deifobo, una volta mi ha raccontato che, coi suoi colleghi e ovviamente un politico locale, erano andati con delle prostitute, e quella che aveva fatto sesso con lui gli aveva detto:
– Beh, per lo meno con te un minimo sono rimasta soddisfatta e mi è piaciuto.
Un mito, d’altronde il nome inventato che gli ho affibbiato lo certifica.
Un cliente, e sono fiero nel dirlo, divenne mio amico. Si chiamava Signor Diomede e aveva sessant’anni, all’epoca era in pre-pensionamento per motivi di salute, viveva ancora con la sua vecchia madre cieca per l’ottanta percento e passava le sue giornate a guardare le trasmissioni sul Cagliari, i Reality Show, i telegiornali ed infine i film porno con protagoniste delle ventenni dal fisico atletico. Ne noleggiava dieci o venti a settimana. Entrava in videoteca, e mentre sceglieva io andavo oltre il bancone per seguirlo e parlare con lui. Commentavamo insieme i più strambi avvenimenti del mondo della televisione, i risultati della nostra squadra del cuore, oppure gli chiedevo di raccontarmi della sua giovinezza, nel bellissimo quartiere di San Michele. Della volta che un bullo importunò la fidanzata di un tizio sconosciuto, che, dopo aver resistito a ripetute provocazioni, lo prese a pugni. Si scoprì solo alla fine che questo premuroso fidanzato era un pugile di livello internazionale, e in Sardegna è facile incontrarne.
Nell’ultimo periodo in cui ci eravamo frequentati però, il suo stato di salute si deteriorò improvvisamente, al punto che fui costretto a riaccompagnarlo a casa in automobile, con il vano posteriore della mia Punto riempito per bene dalle buste con dentro i film che aveva noleggiato. Avevamo iniziato a sentirci via messaggi, per concordare il prossimo passaggio in videoteca per la restituzione dei DVD e il noleggio delle novità. Naturalmente a patto che io fossi discreto e che nessuno dei suoi conoscenti capisse nulla.
Fu una sera di Novembre che, scoraggiato nel vedere il cassetto della cassa spoglio di banconote, gli scrissi questo messaggio:
– Signor Diomede, sono Riccardo, come sta? Se vuole passo a prenderla, oppure mi dica che film desidera e glieli porto a casa, così mi restituisce i noleggi di quattro giorni fa. Sono arrivate le novità hardcore con le attrici bionde che piacciono a lei.
Repentina arrivò la risposta:
– Signor Riccardo, sono il fratello di Diomede, Diomede è morto due notti fa, ho il suo telefono per potere avvisare gli amici.
Immaginate un povero cazzone come me, di ventiquattro anni, che andava a lavoro in tuta da ginnastica e con delle vecchie magliette, che dava una ramazzata ogni tanto al pavimento, che era contento se riusciva ad incassare cento euro al giorno, che passava le giornate a dividersi tra un cliente ogni tanto, visioni di film e, quando era periodo, preparazione di esami universitari, che un bel giorno, nella speranza di riavvicinare un buon cliente e fare cassa, oltre a ricevere una tragica notizia come quella, si accorse di avere appena sputtanato un anziano uomo dopo la sua morte, mediante la rivelazione ai suoi anziani parenti del suo passatempo più privato.
Forse scriverò degli altri aneddoti riguardo la mia esperienza in videoteca, ma non ho ancora deciso quali e quando farlo. Oggi voglio lasciarvi raccontandovi uno dei più forti.
Era una mattina autunnale dell’anno 2010, entrò un tizio magro e pimpante, sulla quarantina. Non pareva imbarazzato com’era invece solito per i nuovi avventori, e subito esordì:
– Buonasera, avete dei film dal contenuto esplicito?
Mi guardai intorno, nelle copertine dei DVD vedevo solo organi genitali, culi, sesso sfrenato ed espressioni d’estasi, risposi:
– Beh, sì.
– Non mi ha capito: mi serve un film per lanciare un CHIARO messaggio.
Ero abituato a certe richieste, e senza scompormi lo portai tra i DVD, e iniziai a mostrargli tutte le copertine, cercando di spiegare i generi, i registi, gli attori.
– Osservi questi, hanno titoli e immagini molto eloquenti: “Tutti i cazzi per Mary”, “Alice nel paese delle afromeraviglie”, “Due membri: una svolta”, “Segni particolari: orgia”, “Vi presento mia moglie”, “Sardanal”, “Al Poetto te lo metto”.
Mi interruppe nuovamente.
– Io DEVO lanciare un messaggio a mia sorella.
Lo guardai, e fingendo, per proteggermi da figuracce, di non aver capito bene, risposi:
– In che senso?
– Nel senso che voglio far capire a mia sorella che voglio avere un rapporto sessuale con lei.
Provai una strana sensazione, che a distanza di anni ancora non ho decifrato. Il genere “Incesto” era da sempre molto gettonato, ma avevo sempre creduto piacesse per il grado di perversione, giammai avrei potuto pensare che potesse essere anche uno strumento di conquista, un catalizzatore d’affetto, un trasformatore dalla fratellanza all’amore. No, a quello non c’avevo mai pensato. Comunque lo accompagnai nel settore apposito, e via ad elencare i titoli più espliciti, che vi risparmio.
– No, questi non vanno bene. Devono essere titoli ESPLICITI, deve capirlo al volo!
Mi fermai e passai al vaglio tutta la fantastica collezione di storie d’amore familiare, riflettei, e alla fine porsi lui il titolo più esplicito di tutti. Lui lo prese in mano e i suoi occhi si colorarono di un bagliore che tradiva le fantasie che in cuor suo stava elaborando, come quelle che io, a mia volta, avevo a proposito del pranzo che mi aspettava a casa, ma che la sua conoscenza mi aveva fatto dimenticare all’istante. Alzò lo sguardo, mi fece letteralmente giurare che sua sorella avrebbe capito subito, io gli feci giurare che sua sorella fosse almeno maggiorenne, e ci avvicinammo alla cassa.
Mentre cercava i soldi, ebbe un lampo di genio:
– Ascolti, ma se io non ho nessun posto dove andare, posso portare qui una delle donne che lavorano nei marciapiedi di questa via? Ci appartiamo lì dietro.
Nel mentre guardava in fondo, facendo un rapido studio di fattibilità, per valutare la particolare planimetria della videoteca.
– Ehm, no, mi spiace.
– E se la porto, andiamo lì dietro, e lei non se ne accorge, o finge di non accorgersene?
– Beh, in quel caso me ne accorgo al cento percento e chiamo i carabinieri.
Senza la benché minima ombra di delusione per le mie risposte, diede un ultimo sguardo al suo nuovo acquisto, lo ripose nel sacchetto, poi alzò la testa, mi guardò e tornò a sorridere, tendendomi la mano:
– Allora arrivederci, e se riesco a scoparmi mia sorella torno qui a festeggiare con lei!

FINE

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