Ricordi di un fifone solitario.
Quando stai facendo il check-in prima di salire in aereo, osservi tutte quelle formalità espletate con fare ufficiale e solenne. Tu che hai accettato di volare solo per poterti trovare in un’ altra città dopo un’ ora, percorrerne le strade con una birra in mano, dire quello che ti passa per la testa e fare domande ai compagni che più che interrogative sono iperboliche, fatichi a non fantasticare un poco su tutto.
Sulla tua morte ad esempio. Vedi il portellone dell’ aereo che una volta atterrati si apre, e invece della tua persona scarica la tua bara. Senza un motivo ben preciso, ma a destinazione dovevi arrivare umano e invece sei arrivato feretro.
Oppure pensi a cosa vorresti dire al pilota:
-chiunque tu sia, qualsiasi sia il velivolo che comandi, a qualsiasi ora, in qualsiasi tratta, qualsiasi sia il livello della tua abilità, piantati bene in testa una cosa: io non mi fido di te.
Intanto la fila scorre, il momento sta per arrivare.
Come dimenticare le procedure di sicurezza? Di cosa devo essere sicuro? Di cosa devo preoccuparmi? Di nulla, perchè non ho bisogno di sicurezza, ho giá la mia, ed é arcigna come le rocce delle Dolomiti: sono sicuro che me la farò sotto dalla paura.
E che dire delle foto in aereo? Una volta, dovevo essere sbronzo, mi sono chiesto perchè i fotografi vengano ingaggiati per i matrimoni, i battesimi e le lauree, ma mai per i funerali. La risposta era ovvia, ma per quello che rappresenta per me l’ aereo, dovrebbe essere ovvio anche che le foto durante il volo, sono di pessimo gusto, come lo sono ai funerali.
L’ inverno. Lo odio l’ inverno, lo odio profondamente, come odio qualsiasi cosa di questo mondo e quell’ altro, quando volo. In inverno ci sono più nuvole, ma ce ne sono tante, voi non vi immaginate quante nuvole ci siano in inverno. Ne ho contate sette solo mentre scrivevo le parole “contate sette”. Quando l’ aereo passa in mezzo alle nuvole balla. E io se avessi voluto ballare avrei noleggiato un quad con le ruote sgonfie e mi sarei fatto l’ Orientale Sarda passando in mezzo alla Macchia Mediterranea. Lo sapete che d’ Inverno i fumatori fumano di più, perché c’ è freddo e devono riscaldarsi? Ecco, devono piantarla, perché non mi venite a dire che un po’ delle ventotto nuvole che ho visto oggi non si sono formate dal fumo che emettono le vostre sigarette.
La fila è finita, tocca a me salire. Mentre mostro la carta d’ imbarco alla tizia, lei non la accetta e si blocca. Parla un momento al telefono, poi accende il mocrofono e annuncia:
“il volo Budapest-Cagliari delle ore 11:35 subirá un ritardo di cinque ore”.
A quel punto potrei scrivere un libro. Ogni sensazione si trasforma in paranoia, e una sola domanda mi vien da fare:
ma perché le compagnie aeree non fanno come le Ferrovie in Sardegna? Quando una corsa ha grossi ritardi, si ricorre a un autobus sostitutivo. Lo proporrò, giuro che lo proporrò nelle sedi opportune, e poi quando dovrò viaggiare in aereo mi infiltrerò tra i sindacati dell’ Aviazione e fomenterò scioperi generali e manifestazioni. E noi tutti in pulmann.
Racconti di un ottico solitario diRiccardo Balloi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.
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